Finanziamento di tutti i gli impianti a Energia Rinnovabile
Finanziamento di tutti gli impianti di cogenerazione finalizzati al risparmio energetico , visibile in bolletta
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Meccanismo di incentivazione ed iter autorizzativo
Il sistema di micro-cogenerazione -Finlumia Power
Invece, per gli aspetti connessi all’iter autorizzativo,
poiché gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili
anche i risvolti autorizzativi variano conformemente alla taglia in modo rilevante, coinvolgendo aspetti legati a:
Il D.lgs. 29/12/2008, n. 387 di attuazione della direttiva 2001/77/CE, abrogata dalla direttiva 2009/28/CE, sulla promozione delle fonti energetiche rinnovabili, ha previsto, all’art. 12 comma10,l'approvazione in ‘Conferenza Unificata’ di linee guida per il perseguimento del procedimento di autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Le linee guida nazionali e regionali si applicano alle seguenti procedure:
Le Linee guida coprono le diverse procedure che
devono affrontare per ottenere l’autorizzazione.
Le autorizzazioni possono essere sintetizzate come segue:
Con riferimento alla Tabella 8, è riportata una sintesi delle procedure abilitative per la realizzazione di impianti alimentati a fonti energetiche rinnovabili contenuta nel D.M. 10/9/2010 espressa in funzione della potenza elettrica
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Con un consumo annuo di 180 tonnellate di cippato
la produzione elettrica di
la produzione termica di 300.000 kwh termici .
con 1 metrocubo di metano si ottengono 10kwht
qundi il cogeneratore produce l'equivalente di
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Così come descritto dal D.Lgs. 29/12/08, n. 387,
la biomassa destinata a fini energetici è definita come:
“... la parte biodegradabile di
In questo contesto,l’impiego energetico delle biomasse legnose è considerato dall'Unione Europea
uno dei più efficienti sistemi per ridurre le emissioni di gas serra,
Infatti
l' utilizzo della biomassa all’interno di sistemi di micro-cogenerazione
ipotizzando di trascurare l'emissione connessa al pretrattamento della biomassa (raccolta e trasformazionein cippato).
Unità 200 kw
Costo dell' impianto € 1.200.000
Costo complessivo investimento € 1.200.000
Equity € 300.000
Fatturato per 20 anni € 10.790.320
MOL totale per 20 anni € 4.553.268
MOL medio annuo per i primi 20 anni € 227.663
EBITDA Rendimento al netto del finanziamento € 291.054
Pay Back anni 4,1
ROI annuo per i primi 20 anni % 24%
ROE annuo per i primi 20 anni % 76%
IRR o TIR % 37%
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boschi, inclusi cespugli, foglie, derivati dalla cosiddetta “Short rotation” (la pratica del “seminare” alberi ad accrescimento rapido);
Va osservato che molta della biomassa, oggi, disponibile, in altri termini, di ottimo materiale energetico, è classificata e equiparata a rifiuto, cosicché, anziché essere utilizzata per la produzione di energia, inquina e viene smaltita a costi elevati.
la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica
Sostanzialmente, si possono dividere le biomasse in due gruppi:
Non sono terreni naturali:
Per facilitare la comprensione dei processi, immaginate un fiammifero acceso, che brucia.
Vediamo ora la differenza tra il processo di pirolisi e quello di gassificazione.
Il processo di gassificazione avviene invece a temperature più alte rispetto alla pirolisi (oltre 850 °C)
COME si usa IL BIOCHAR?
Può essere utilizzato ia terra o in vaso, ovviamente con quantità diverse:
Il prodotto si utilizza in più settori:
in agricoltura,
diversi studi dimostrano l’impatto positivo del biochar sulla resa agricola,
Si usa anche nel settore florovivaistico;
Il biochar,
E' quindi uno strumento molto importante nella lotta al cambiamento climatico.
E' infatti una tecnica carbon neutral
La classificazione come "insalubre" di una centrale a biomasse (in quanto assimilabile a una centrale termoelettrica ex Dm 5/9/1994) non va fatta in modo apodittico ma solo per effettivo rischio della salubrità.
Lo ha ricordato il Tar Marche nella sentenza 7 gennaio 2017, n. 27 annullando la prescrizione contenuta in un provvedimento di valutazione di impatto ambientale della Provincia che aveva imposto al titolare di un impianto di cogenerazione alimentato a biomasse di effettuare la comunicazione al Sindaco del Comune in cui insiste l'impianto ai sensi del Testo unico delle leggi sanitarie. Il tutto in base a una nota della Azienda sanitaria che qualificava in modo apodittico ai sensi del Dm 5 settembre 1994 come industria insalubre l'impianto cogenerativo in quanto assimilabile a una centrale termoelettrica.
Per i Giudici marchigiani invece, considerato che i nuovi impianti a biomassa sono ben diversi da quelli diffusi ai tempi dell'emanazione del Dm del 1994, occorre che l'Autorità competente svolga unaconcreta analisi tecnica sulla idoneità dell'impianto a produrre emissioni nocive e quindi sulla sua "insalubrità" che portino a una sua classificazione tra le industrie insalubri.
Con Sentenza n. 27 del 7 gennaio 2017, il Tar Marche ha accolto il ricorso del titolare di un impresa agricola che aveva presentato istanza per l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale per un progetto relativo alla realizzazione di un impianto di cogenerazione da 50 kW elettrici, alimentato a biomasse.
Tra le prescrizioni contenute nel provvedimento - in cui si esprimeva un giudizio positivo di compatibilità ambientale - la Provincia compente richiedeva al titolare dieffettuare una comunicazione al Sindaco del Comune in cui si sarebbe realizzato l’impianto. Questa prescrizione della Provincia si basava su una nota dell’Azienda sanitaria regionale che, assimilando l’impianto di cogenerazione a una centrale termoelettrica (ex Dm 5 settembre 1994), lo faceva ricadere tra le industrie insalubri.
Secondo i giudici del Tar tale assimilazione non è condivisibile, in quanto "apodittica e priva di qualsiasi indagine concreta sulle emissioni e sul rischio per la salubrità" dell’impianto in questione. E che, inoltre, non ha tenuto conto della “differenza sostanziale sussistente tra i nuovi impianti di produzione di energia elettrica a biomasse (non considerati in sede di emanazione del Dm 5 settembre 1994, in quanto non particolarmente diffusi all'epoca) e le centrali termoelettriche, sotto il profilo dell'emissione di 'vapori, gas o altre esalazioni insalubri' e, quindi, in definitiva, del possibile impatto sulle salute degli abitanti le zone circostanti".
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Dlgs n. 387/2003 L’art. 12, comma 3, introduce l’autorizzazione unica. «La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifi ca, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come defi niti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti a un’autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla Regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fi ne la Conferenza dei servizi è convocata dalla Regione entro 30 giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all’art. 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modifi cazioni». Le linee guida non sono state emanate né dallo stato, né dalle Regioni. La Regione Piemonte ha delegato le Provincie al rilascio dell’autorizzazione unica. Dlgs n. 152/2006 Al titolo V, art. 269 sono dettate le norme in materia di emissioni in atmosfera la relativa autorizzazione (comma 3). «Ai fi ni del rilascio dell’autorizzazione, l’autorità competente indice, entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai sensi degli art. 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, a un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei procedimenti svolti dal Comune ai sensi del decreto del presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse all’autorità competente entro 30 giorni dalla richiesta; se l’autorità competente non si pronuncia in un termine pari a 120 giorni o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a 150 giorni dalla ricezione della domanda stessa, il gestore può, entro i successivi 60 giorni, richiedere al ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di provvedere, notifi cando tale richiesta anche all’autorità competente. Il ministro si esprime sulla richiesta, di concerto con i ministri della salute e delle attività produttive, sentito il Comune interessato, entro 90 giorni o, nei casi previsti dall’articolo 281, comma 1, entro 150 giorni dalla ricezione della stessa; decorso tale termine, si applica l’art. 2, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241».
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